La Kangaroo Mother Care (KMC), una pratica clinica che prende il nome dalla modalità adottata dai marsupiali per prendersi cura dei loro piccoli, ha effetti significativi e di lunga durata in termini protettivi, sociali e comportamentali 20 anni dopo la sua attuazione, dimostrando che questo intervento sanitario, efficace e scientificamente fondato, dovrebbe essere esteso ai 18 milioni di bambini candidabili che nascono ogni anno.
Lo sostiene Dario Maldonado, della Universidad de los Andes a Bogota, Colombia, coordinatore di uno studio appena pubblicato su Pediatrics. La KMC, concepita inizialmente per ovviare alla mancanza di incubatrici e introdotta quasi 40 anni fa all’Istituto Materno Infantile Santa Fe di Bogotà, si basa sul contatto pelle a pelle con la madre 24 ore su 24, con alimentazione esclusiva con latte materno.Il neonato viene posizionato sull’addome della madre con il capo tra i seni per favorire l’allattamento, e assicurato in modo da mantenere la posizione in sicurezza giorno e notte.
La KMC consente al neonato di mantenere una corretta temperatura corporea, mentre la madre rappresenta la principale fonte di cibo e di stimoli, fino a che il bambino non raggiunge un peso e una maturazione tali, da consentirgli una vita extra-uterina al pari dei bambini nati a termine» spiega l’autore, che assieme ai colleghi ha verificato a lungo termine l’efficacia dell’intervento sulla sopravvivenza, lo sviluppo neurologico, l’allattamento al seno e la qualità del legame madre-bambino.
Lo scopo dello studio, che è il naturale proseguimento del trial controllato randomizzato, condotto in Colombia nel 1993-1996, era valutare la persistenza dei risultati positivi osservati a breve e medio termine nell’adolescenza e in età adulta. Su 716 partecipanti originali ne sono stati identificati e rintracciati 494 di cui 441 sono stati riarruolati. Così facendo i ricercatori hanno scoperto che gli effetti della KMC sui quozienti intellettivi e ambiente domestico erano ancora presenti dopo 20 anni, specialmente negli individui più fragili. «I nostri risultati dimostrano che questa tecnica, già applicata in numerosi centri al mondo, ha numerosi benefici, è priva di effetti collaterali e per questo dovrebbe essere incentivata anche in un’ottica di umanizzazione dell’assistenza ai neonati prematuri e ai loro genitori» conclude Maldonado.
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